IL MIO PAPA'

di Giancarlo Pagani

Il mio papà ha vinto le elezioni.
Io non so bene cosa voglia dire, ma questa cosa per lui vale di più che dirvi che è alto, ha gli occhi castani e si mette sempre la cravatta.
Allora, dicevo, il mio papà le ha vinte queste elezioni. E io sono molto contento.
Sono anche contento che questa storia sia finita, perché sono state per tutti una faticaccia. In casa mia c'era una gran agitazione. Erano tutti insopportabili.
Di solito il mio papà urla poco. A lui una frase basta. Ma adesso era diverso. La mamma quasi non parlava più. Già che lei parla poco. Se ne stava sempre nella sua camera. Una volta l'ho anche sentita che piangeva. Aveva sbattuto contro uno spigolo, mi ha detto.
Dall'altra sera però è cambiato tutto. Da quando l'abbiamo visto tutti alla televisione. Sorrideva, parlava, stringeva mani. Era bellissimo, il mio papà. Ha detto che lui la politica la fa per il sociale. Neanche questo so bene cosa voglia dire. Ma se l'ha detto il mio papà deve essere così.
A casa ci è tornato molto felice. Anche più di quell'altra volta, qualche mese fa. Me la ricordo bene perché era stata l'ultima che l'avevo visto ridere. Ridere per davvero, intendo.
Io dovevo essere al doposcuola di inglese, ma la mamma non si trovava e allora la Francesca mi aveva portato a casa. Poi le è squillato il telefonino, che si porta sempre dietro acceso anche se il mio papà non vuole. Era il solito tipo. Quello che quando la chiama lei ride come una scema, e piega sempre la testa.
Tu stai qui a giocare un attimo, io scendo e torno tra dieci minuti, mi ha detto. Non dirlo a nessuno! Io non l'ho mai detto, so tenere i segreti io!
Così me ne stavo in casa da solo a giocare all'agente segreto, che da quando papà mi ha regalato quel libro, è il mio gioco preferito, che sento girare la chiave nella serratura. Mi nascondo, per fare uno scherzo alla Francesca, e invece entra papà con un suo amico.
Il mio papi lo fa accomodare nel salotto bello, quello dove si può andare solo per le feste. Gli offre da bere. Ne prende da quella bottiglia che piace tanto alla mamma. Il mio papà invece non beve mai.
"Allora trecento?" - gli ha chiesto - "Neanche una lira meno?"
"Cazzo Moretti…" - quel signore rispondeva da maleducato. Il mio papà non vuole che si dicano le parolacce. Ma a lui non ha detto niente - "Lo capisci che è un favore che facciamo noi a te! E non tu a noi. Lo sai quanti altri ne troviamo pronti a cacciare senza aprir bocca?"
"Ma scherzavo! Si fa per dire noo… non scaldarti." E intanto se n'era andato nella sua camera. Toglieva il quadro dal muro e apriva la cassaforte.
Io guardavo tutto nascosto, come gli agenti segreti. E non mi facevo scappare nulla, proprio come dice il mio libro.
Dallo sportello il mio papà ha tirato fuori dei mazzetti tutti uguali. A me sembravano soldi, ma erano più grossi e poi erano blu. Ci sono dei soldi sul blu? Perché sembravano anche nuovi. Io così non li avevo mai visti.
Il mio papà li ha dati tutti al suo amico. Sembrava quasi che sentisse male quando glieli passava. Quello si è messo a contarli a voce alta e con le dita, come il mio papà non vuole che faccia io. E poi se li è cacciati tutti nelle tasche.
"Sia chiaro Giovà" - devono essere molto amici con quel signore, anche se io non l'avevo mai visto, perché quasi nessuno lo chiama così. Tutti dicono sempre avvocato. - "Questa è solo la prima rata. Dovrai aprirla ancora la borsa per arrivarci là." Chissà dove pensava, che il mio papà non va via mai neanche per le ferie. La mamma glielo dice sempre.
Alla sera, poi, quando eravamo tutti insieme a tavola, e Marisa ci stava servendo la cena, il mio papà era ancora molto contento. Lui continuava a dire che gli avevano dato il 167. Io non ho capito bene perché fosse così soddisfatto. Infatti lui dice sempre a tutti (anche a me, tante volte…) che è stato il più giovane laureato del suo corso, nel 1979. E allora perché adesso era così contento se gli avevano dato un collegio? Che poi il telegiornale stava dicendo che "le segreterie avrebbero reso noto soltanto martedì le nomine per i collegi elettorali". Allora ha proprio ragione quando dice che alla televisione raccontano soltanto delle bugie.
Il mio papà era proprio gasato, sprizzava come l'acqua minerale che beveva. La mamma non tanto, ma lei non è mai tanto gasata.
"Ma se sei tu che paghi, dove sta il guadagno?" gli diceva, consumando nel piatto quella roba che poi non mangia. Il mio papà glielo dice sempre. A lei piace di più bere il te. Ma io ho scoperto che non è lo stesso te che bevo io, il suo sa di petrolio. Io non so proprio come faccia a berlo quello… mah.
"Sei proprio sicuro di saperli far tornare indietro, tutti quei soldi?"
"Come sei str…" ma poi non ho sentito più perché mi hanno mandato dalla Francesca.
Il mio papà ha urlato un po'. Cose del tipo che lui non voleva fare per tutta la vita l'avvocato di provincia… ma non sentivo bene, e Francesca alzava il volume della videocassetta di Winnie the Pooh.
Ma scherzava di sicuro perché lui mi dice sempre che gli piace molto fare l'avvocato, e che la mamma è molto orgogliosa di lui.
Mi ricordo anche il mattino dopo la mamma aveva un segno rosso attorno all'occhio, deve aver sbattuto anche quella volta contro un mobiletto aperto, a lei capita spesso.
Da allora ci sono stati i due mesi di agitazione che vi dicevo all'inizio. Io lo vedevo poco il mio papà, a casa non c'era quasi mai. Ma molto spesso stava in televisione. O sul giornale. Anche nei volantini che portavano in giro. In quelli c'ero anch'io con mamma su una poltrona del nostro salotto. Eravamo tutti vestiti bene, mi hanno messo la cravatta anche a me. La poltrona, sapete, era proprio la stessa dove era stato seduto quel signore.
Il mio papà è uscito quasi tutte le sere, la mia mamma invece è stata sempre a casa. E ha bevuto molto del suo te. A me fa piacere, perché poi è più contenta, e non urla. Anche se continua ad abbracciarmi e poi mi sbaciucchia e mi sbava tutte le guance. Ha uno strano sapore… ma poi si addormenta e io posso giocare all'agente segreto.
Ieri sera sono andato nella loro camera, dopo che dormiva sul divano. Allora ho staccato il quadro e ho aperto la cassaforte. I numeri me li ricordavo bene. Sul libro che mi ha regalato il mio papà c'è scritto che chi vuole diventare agente segreto deve ricordare tutti i particolari e tutti dettagli quando entra in una stanza. E io non mi ero fatto scappare niente dall'altra volta.
Volevo vedere se quei foglietti blu erano soldi e se ce n'erano degli altri.
Invece niente.
Forse perché l'amico di papi, quello maleducato che dice le parolacce, era già passato.
Infatti è stato uno dei primi che è venuto a fargli i complimenti. E quando è andato via le sue tasche della giacca e dei calzoni erano spigolose come l'altra volta. Io i particolari li so osservare.
L'ultima cosa che non ho ben capito, è come mai il mio papà, che è così preciso, lascia lo zucchero in cassaforte?
Sarà uno zucchero speciale, di sicuro.
Infatti lui allo zucchero ci tiene molto, perché una volta che a una festa ha trovato una zuccheriera vuota, dopo, quando tutti se ne erano andati via, ha sgridato molto la Marisa, che non aveva controllato.
Urlava tanto forte che mi sono svegliato anch'io. Così sono andato a vedere. E ho visto il mio papà che si sfilava la cintura di vernice e gliela dava addosso.
Ma solo per scherzare, mi ha detto a colazione. Perché il mio papà mi ha insegnato che non si picchia la gente. Che se uno dà uno schiaffo, devi porgere l'altra guancia, come dicono le suore dove il mio papà mi manda a studiare. Lui le conosce molte bene, e non solo le suore.
Infatti alla festa di stasera, quella perché ha vinto le elezioni, insieme a tutti i signori che verranno (ce ne sono certi che mi piacciono molto con le divise verdi, grigie, nere e rosse come i giocatori del Milan) ci sarà anche il vescovo, che è il capo delle suore.
Così ho deciso di prendere tutta la busta di plastica trasparente e di mettercela io dentro alla zuccheriera. Che se anche la Marisa si dimentica, il mio papà sarà contento lo stesso. Chissà che figurone che farà.
Perché mi ha detto che ci sarà anche quel signore che tutti chiamano presidente.


Riccardo Moretti quarta A







Giancarlo Pagani ha trentasei anni. Gran lettore, convinto sostenitore della letteratura di… Genere, alla scrittura è arrivato quasi per caso, tentato da amici giallisti a cui faceva da consulente tecnico. Con il racconto "I fiori del male" ha vinto il concorso Ombre Gialle 2001 dedicato a Dashiell Hammett. Appassionato di viaggi archeologici, tra le piramidi di Giza e le giungle Maya di Palenque, si interessa anche di cinema, soprattutto morettiano, e… football americano. Autori culto, Jay Mc Inerney, Friedrich Durrenmatt e Umberto Eco.