SOLO ANDATA
di Angelo Marenzana
Alessandria, 30/4/1972, domenica mattina
Esco da casa senza ancora sapere cosa farò da lì a un’ora, con addosso il vestito della festa giusto per quattro passi fino al bar, una partita a ping pong o due colpi di stecca. Giacca grigia con le tasche applicate, calzoni blu di vigogna a campana, e camicia oxford.
Di fronte a me la piazza. Un assembramento di persone affolla lo spazio centrale, un fermento di bandiere rosse, capelli lunghi, e tascapani, tutti lì ammassati per il comizio di un segretario di partito, ospite indesiderato. Un cartello sovrasta gli altri, mi fa ridere, c’è un operaio ritratto in due sequenze, lo vedo pisciare sulla fiamma simbolo di un movimento che si dice sociale, e la fiamma si spegne.
Attraverso la piazza sulla sinistra, dal lato dei giardini. Di fronte, sotto i portici, una fila di poliziotti divide la piazza grande da quella piccola con il palco contestato. Passeggio con la spigolosità della mia magrezza, e l’altezza esasperata dal tacco degli stivaletti neri a punta, costati un patrimonio, di quelli da fascistello nostrano ma che, a me che con loro non ho niente da spartire e faccio sempre sciopero a scuola, piacciono molto.
Passo davanti ai poliziotti, come un’autorità in rassegna. Hanno addosso l’odore di caserma, manganelli, scudi, e la rabbia negli occhi. Sento i loro sguardi duri e sospettosi.
Qualcosa non mi quadra, il viso si contrae nel fastidio. L’emozione mi assale di botto, silenziosa come un felino. Per la seconda volta in vita mia, con la stessa intensità e determinazione, penso…
no, non è giusto.
La prima volta l’ho pensato quando, bambino, mi hanno costretto a mandare giù un piatto di lenticchie, già mangiate un sacco di altre volte, sempre controvoglia, ma quella sera basta, non le volevo, mi fanno schifo, mangiatevele voi se vi piacciono così tanto, dicevo, e vedevo mio padre e mio fratello avidi sul piatto, davanti a un mucchio di cibo denso e scuro. Dopo averle ingoiate sono stato male. Il medico ha diagnosticato un avvelenamento. E’ stata l’ultima volta, fin quando non ho deciso io di mangiarle. Circa quindici anni dopo padrone della mia cucina.
Il bar può aspettare, la novità mi abbraccia.
Torno indietro, con il ricordo delle lenticchie, e le mani in tasca. Mi lascio alle spalle i portici e, come davanti a un tavolo da ping pong, scelgo da che parte stare.
In piazza nessuno mi guarda con astio. Sono facce normali, e io non mi sento fuori luogo. Me ne sto lì tra giovani con casacche militari ed ex partigiani con il tricolore al collo. Poi mi danno un volantino. I fascisti non devono parlare dice, e io penso i fascisti sono stati in piedi vent’anni con manganelli e olio di ricino, con tessere obbligatorie, e con le colpe di una guerra dichiarata sulle note di una giovinezza andata a morire. Cosa cazzo devono ancora dire, che tacciano pure. Ma non lo dico, gli altri invece lo urlano a pieni polmoni, tutti gridano, cantano bandiera rossa e l’internazionale.
Dal palco, cinquanta metri più avanti, arrivano le prime parole. Bordate di fischi mi penetrano le orecchie e formano come una cappa densa sopra le nostre teste. Non si perdono nel vento. Sono pesanti, macigni a mezz’aria sulle coscienze.
La tensione è alta, la polizia si compatta a difesa della piazza piccola e di quelle parole che nessuno vuole ascoltare, di quelle parole che feriscono la dignità e l’intelligenza. Io continuo a tacere ma, per la seconda volta in solo mezz’ora...
no, non è giusto...
Troppe volte l’ho pensato da allora e lo penso anche adesso dopo quasi trent’anni, sotto il sole che brucia la pelle, vicino al mare che non dà refrigerio, in una città deserta anche se trecentomila persone calpestano l’asfalto. Lo penso con il viso coperto da un pezzo di fazzoletto bagnato, come un bandito, per riparare la bocca dal fumo dei lacrimogeni che intasa l’aria. La gola brucia, la lingua si gonfia e prude, mentre la mano tiene sollevata la testa di un ragazzo steso sul marciapiede. L’hanno colpito con il calcio di un fucile in pieno petto, mentre a braccia alzate e senza niente addosso cercava di far capire ad alcuni poliziotti con la faccia nascosta da una visiera che lui non era pericoloso, non aveva fatto niente. E’ scosso da tremiti mentre sta cercando un respiro che si perde per strada. La sua amica con la faccia sporca, giovane come lui, più giovane di una mia possibile figlia, piange e grida, con un livido largo come una bistecca sulla coscia e un taglio che sanguina sotto il ginocchio, preda di una crisi isterica e dell’abbraccio di un altro sconosciuto che cerca di calmarla.
Uno dietro mi dice qualcosa, e io giro la testa di lato.
Vedo altra gente, chi seduta sul marciapiede, chi stesa a terra, o su un lembo di erba. C’è sangue sull’asfalto, sulle facce, sui capelli, sulle barbe, sulle braccia, abiti stracciati, pianti, lamenti e odore di rabbia e paura. Ho visto la stessa mattanza in tv, quando, in una terra non più così lontana da noi, davanti a una discoteca è scoppiata una bomba umana...
no, non è giusto.
Genova, 21/7/2001, sabato pomeriggio
Angelo Marenzana nato ad Alessandria nel 1954, giornalista
pubblicista, ha pubblicato racconti su "Il
Giallo Mondadori", "G La Rivista
del Giallo", collabora nella pagina
delle recensioni con "M La Rivista del
Mistero". Ha pubblicato nel 1999 con
Mobydick "FRONTIERE", nel 2000
"NEBBIE D'AGOSTO"
(Edizioni Mme Webb), nel 2001 "OCCHI
DI PANNA" (Edizioni La Toxa). Ha partecipato
a molte antologie: "SOSPESO" (ED.
L'Entronauta), "PENOMBRA" (ED.
Casarosa), "CITTA' VIOLENTA" (Ed.
Addictions), "L'UOMO NEL CERCHIO"
(Ed. Addictions), "LUOGHI NON COMUNI"
(Ed. Comedit), "SONNO INQUIETO"
(Ed. Casarosa), "MARGINE IN NERO"
(Ed. Mobydick) e "STORIE DEL NOVECENTO"
(Ed. Mobydick).
"SOSPESO" contiene il racconto "Quel Giorno a Lubecca" di Angelo Marenzana (L'Entronauta) |
"LE STORIE DEL NOVECENTO" contiene il racconto "L'Altra Metà di Anita" di Angelo Marenzana (MobyDick) |
"Penombra" contiene il racconto "L'Attesa" di Angelo Marenzana (Casa Rosa) |
"L'UOMO NEL CERCHIO" contiene un racconto di Angelo Marenzana (Addictions 2001) |
"OCCHI DI PANNA" di Angelo Marenzana (Edizioni La Toxa 2001) |
"FRONTIERE" di Angelo Marenzana (MobyDick 1999) |
"LA DONNA NEL RITRATTO" contiene il racconto "Statuette Africane" di Angelo Marenzana (Addictions 2002) |
"NEBBIE D'AGOSTO" di Angelo Marenzana (M.me Webb 2000) |
"CITTA' VIOLENTA" contiene il racconto "Zona protetta" di Angelo Marenzana (Addictions) |