DAL BUIO
Francis Devil
Mi alzo dallo scomodo divano e spengo l'ormai
prevedibile televisione. Ora la finestra
-e ciò che guarda- ha tutta la mia attenzione.
Mi avvicino con superflua prudenza, scosto
le tende con gesto graduale e mi metto ad
osservare.
Oltre i vetri luridi una moltitudine di finestre:
illuminate, buie, misteriose, rumorose, silenziose;
è il bello dei vicoli, in pochi altri posti
i vicini sono così vicini. Butto gli occhi
a destra, a sinistra, in sù e in giù...alla
ricerca di un particolare, uno stimolo che
sblocchi la situazione.
Solo ombre: lente, immobili o frenetiche,
ma, soltanto ombre. Tutti i vicini -probabilmente
consci del concetto di poco fa- hanno tende
bianche alle finestre. La cosa inizialmente
mi limita, ma con l'abitudine e l'immaginazione
riesco ad amplificare -o minimizzare- ciò
che intravedo; nulla attrae come il mezzovisto-mezzointuito.
Data la poco naturale posizione che mi tocca
assumere per spiare senza esser visto le
gambe iniziano a cedermi. Decido di concedermi
una pausa avente la forma di birra fresca.
Al terzo sorso:
"E se proprio in questo momento...può
darsi che mi stia perdendo il bello"
Sbrodolandomi, per l'eccessiva accelerazione,
torno alla finestra.
Poggiando la guancia sinistra al vetro riesco
a raggiungere la finestra più alta del palazzo
alla mia destra. Una stanza quasi irreale,
vista attraverso gli strani disegni dei tendaggi
giallognoli. Un tizio -dall'età indefinibile-
muove la testa prima a sinistra e poi in
basso.
"Sta copiando..." sussurro nell'aumentare
l'attenzione.
Un luccichio discontinuo mi fa capire che
sta scrivendo con una penna in metallo, forse
pregiata...ma che importanza può mai avere?
devo capire cosa sta combinando, o meglio,
devo immaginarlo; la soluzione più semplice
è attribuire il comportamento all'uso di
internet: conclusione troppo diretta e inadatta
ad un tipo contorto come me.
Il comportamento ritmico della "vittima"
non mi mette in moto, quindi cambio strada.
Palazzo di fronte, terzo piano:
Ombre di mani che gesticolano, luce forte
e tende sottili. Stanno litigando, ma urlano
con discrezione. Il risultato è quasi totalmente
incomprensibile.
Dalla strada giunge un urlo, una richiesta
d'aiuto; la ignoro, sono troppo preso dallo
scontro.
Serrando la mano come se impugnassi un non-bastone
restringo il campo visivo riuscendo a contarle:
quattro, quindi con molta probabilità si
tratta di una lite a due.
Abbasso lo sguardo (il tempo di due righe)
lo rialzo e le mani sono tre: una è tesa,
due cercano il cielo e in breve crollano
scomparendo dietro il muro. Cerco di convincermi
di non aver visto, ma non ho il potere di
eliminare il ricordo. Io so che la quarta
mano è colpevole, non so di cosa ma lo sento:
colpevole!
Soltanto un maledetto istante prima di chiudere
le tende LEI compare e mi indica. Io anzichè
fingere estraneità alla situazione elimino
con gesto secco il piccolo varco...e la sento
ridere, non di una risata comune, neppure
diabolica o terrificante, ma silenziosa,
sibilante, gesticolante.
"Maledetto vizio! Stupido vizio!"
e fuggo sullo scomodo divano cercando inutilmente
di non pensare.
"Come posso aver paura di una mano?
Di solito non fanno male a nessuno: salutano,
ricordano, toccano, stringono... stringono!
E con forza"
La porta di casa inizia a sobbalzare come
se qualcuno la scrollasse con decisione.
Mi alzo di scatto e mi avvicino. All'improvviso
tutto tace.
"Chi è?" con voce tremante.
In risposta un tamburellar ritmico, molto
probabilmente è un messaggio in alfabeto
morse, ma io ne ignoro il significato!
"Chi sei? Cosa vuoi?"
Il ticchettio continua in modo costante e,
a suon di ascoltarlo, mi rendo conto che
il messaggio è molto breve: ogni 40-50 secondi
si ripete.
"Non mi fai paura!" provo ad intimorirlo
ma non desiste.
Raccogliendo quel po' di coraggio rimasto
-la maggior parte si è trasformato in terrore
finendo nelle braghe- scosto il dondolante
sportellino e guardo attraverso lo spioncino.
Visione confusa. Il ristretto campo visivo
che ho a disposizione mi permette di osservare
una grossa porzione violacea. Porzione di
che?
Il bussatore si muove lentamente e goffamente,
come se l'ampio spazio del pianerottolo non
gli fosse sufficiente; tali movimenti mi
permettono di capire che è dotato (alle estremità
di strani arti) di placche ossee talmente
sottili da lasciar intravedere la tinta funerea,
il viola-morte che caratterizza l'intera
struttura.
"Parla, bestia. Dimmi che vuoi!"
urlo con tono deciso.
Non so se per sua precisa volontà o per le
mie grida... il fatto è che si comprime sulla
porta del mio vicino (gran bastardo spostamobiliamezzanotte).
Mi si deforma il volto bloccandosi in una
smorfia demenziale; ora posso vedere interamente
il presunto nemico: cinque arti snodabili,
dotati alle estremità di zoccoli trasparenti.
Un corpo piatto all'apparenza privo di testa
e organi dei sensi. La parte finale è troncata
-quasi strappata- come se un tempo questa
specie di ragno fosse una delle estremità
di un essere immenso e complesso.
Lo fisso e mi rendo gradualmente conto che
i miei stati d'animo sono identici ai suoi.
Senza alcun preavviso -facendomi sobbalzare-
si capovolge mostrandomi il ventre. Lentamente
ritrae quattro arti, lasciando eretto soltanto
quello centrale, il più lungo.
"Non puoi farlo!" intuendo che
è la posizione che precede l'attacco.
Resta immobile.
Appoggio la fronte alla porta (sguardo in
basso) cercando di rilassarmi, ma un nuovo
incubo mi attende ghignando.
"Questo non è possibile...la mia realtà
non è così. Dio, in che mondo son capitato!?
Restituiscimi la mia assurda normalità"
Un filamento molliccio prende vita dal mio
polso proseguendo in discesa e scomparendo
in una delle fessure tra porta e muro. La
mano, scomparsa.
Non credendo a ciò che vedo apro e chiudo
-idealmente- l'arto svanito: il mostro dai
cinque zoccoli ripete i gesti da me soltanto
pensati.
Il coraggio e il desiderio di conoscenza
prevalgono su tutto. Apro la porta di scatto.
Il filamento ondeggia trainando verso di
me l'essere al quale è collegato. Inutile
fuggire.
La distanza diminuisce gradualmente, ormai
rassegnato al tormento mi domando tristemente
che vita sarà quando mi sarò congiunto a
quella gigantesca, putrescente mano nodosa.
La mia mano!
In futuro sarà lei a decidere, a trascinare
il mio corpo sanguinante per le vie dai portici
rimbombanti di risa e offese.
L'unione è ultimata. Lei si accascia dolcemente
sul dorso aprendosi al mio riposo. E' fredda
e forte, come la morte.
So che prima o poi -vittima di una contrazione
involontaria- si serrerà.
FRANCIS DEVIL il presente brano è tratto dalla pubblicazione
"Dal buio" di Francis Davil - Prospettiva
Edityrice - ISBN 88-7418-045-4 Collana I
ridotti 117 - pag. 108 - € 8,00 - Orrori come abitualmente
siamo abituati a raffigurarli, ed orrori
ben più sottili ed imprevedibili, figli dell'abitudine,
delle piccole bugie, dei pensieri crudeli
ed inconfessabili che prendono vita Dal Buio.
Orrori sfogati sulla carta, forse per mantenere
la giusta facciata di normalità. Scrivere
come se ti buttassero i rifiuti, come se
estirpassero un male, dimenticandosi per
un istante che le radici restano e, Dal Buio,
continuano ad infestare la luce, la normalità...
ma il confine è labile e non sai mai dove
puntare la canna della tua doppietta quando
Dal Buio giunge l'indefinibile.