"ASCENDENTE VERGINE" di Alessandro Bonanni (Todaro) |
ASCENDENTE VERGINE
(alcune pagine del romanzo)
di Alessandro Bonanni
Se avesse potuto farle ancora più male lo
avrebbe fatto volentieri. Ma oramai era tardi.
Un rivolo violaceo le sgorgava dalla bella
bocca. Ultimo segnale di vita traghettata
sull'altra sponda. Senza ritorno.
Aveva stretto troppo, e troppo in fretta.
La morte era arrivata subito e l'eccitazione
del possesso violento se ne era andata con
lei; l'attrezzo della penetrazione stava
rientrando nel guscio, come lumaca spossata
dalle rugiade del prato pelvico. Si tirò
su la lampo. Ansimando provò a sollevarsi
dal divano. Ricadde sul corpo che poco prima
lo aveva rifiutato per accoglierlo definitivamente.
Sorpreso dall'accelerazione cardiaca ebbe
un attimo di indecisione smarrita, poi quasi
euforico cominciò a darsi una mossa.
C'erano molte cose da sbrigare e poco tempo. (pagina 7)
La porta cigolò sui cardini, sospinta piano
dalla mano guantata. Dal pertugio l'ombra
rimase a osservare la sagoma inchiodata al
letto, nel donniveglia inquieto di chi non
conosce più il sonno. Il cane non si mosse
dai piedi della padrona recente; dormiva
appallottolato, il muso aguzzo contro il
sedere.
Poca luce - quella del comodino - e nessun
rumore. Nella penornbra dolorosa del calvario
senza speranze Tina galleggiava come un pesce
in tralice in cerca di ossigeno. La signora
Donatella le si avvicinò guardinga, timorosa
ogni momento del giorno e della notte che
il respiro della figlia le rimanesse aggrovigliato
in bocca. Mentre con carezza leggera le rimboccava
il lenzuolo scomposto udi sorpresa un quasi
battere d'ali frullarle accanto per poi transitare
lontano. Scacciò con la mano libera dalle
garze l'idea folle da sopra la testa ingrigita
anzitempo e si sedette sulla sedia delle
preghiere inutili e dell'altrettanto inutile
consolazione.
Tina aprì gli occhi vuoti, Brillo uno solo
dei suoi. Rintoccò un soniso spento sulle
labbra secche della ragazza in caduta libera
e un gioioso movimento di coda nel treno
posteriore dell'animale. Nell'antitesi evidente
fra la vita consapevole e la vita all'oscuro.
La donna stanca ricambiò gli sguardi, toccò
i capelli biondi e il pelo fulvo e si mise
a parlare, perché altro non poteva fare.
Né altro serviva purtroppo. (pagina 101)
Lucia Fossi, più vedova che signora
Lucia stavolta è malata sul serio, e non
ci crede. Strapazza la ragazza polacca che
il figlio le ha imposto per darle una mano
nelle faccende. Trascina le gambe gonfie
per le stanze ora linde dell'appartamento
da vedova, dialoga con la televisione sempre
accesa, sbraita ai piccioni. E non esce.
Prima di cadere in coma diabetico è ruzzolata
un paio di volte per le scale. Ora non si
azzarda ad affrontare i gradini ritti, gli
sguardi falsarnente pietosi dei condonùni.
Vive da reclusa, dietro le sbarre della ringhiera
del terrazzo. Aggrappata al telefono, al
filo invisibile grazie al quale infama l'ortolano
per aver alzato il prezzo della frutta, sfinisce
i vigili urbani per le macchine parcheggiate
in doppia fila.
L'unica pianta che aveva resistito alla mancanza
d'acqua e di cure è morta la settimana scorsa.
Lucia non se n'è accorta. Come non si accorgerà
quando sarà il suo turno. Troppo presa a
maledire la vita per inventare una preghiera
nell'ora del comnúato.
Marco e Cecilia
Marco ha preso un gatto. Un tigrato rosso,
figlio della micia anziana del colonnello
che continua a sfomare cuccioli. E ha preso
una decisione, che sta scrivendo per lettera
ai suoi in Sardegna. Non ci sarà un Cau medico
in famiglia, almeno per ora. Ma nemmeno uno
che fa marchette. Questo non glielo dice,
non gli avesse a venire un colpo. Indeciso
esita sulle virgole, cancella.
Fuori piove, ma dentro il caos dell'appartamento
al terzo piano c'è un sole rosa: il sedere
addormentato di Cecilia. Marco la guarda,
e si stupisce che gli sia rimasta accanto.
Il latte sul fuoco è uscito dal bricco, spumeggia
bollente sul piano di acciaio, sporco di
sugo al pomodoro della sera prima. Arriva
placida la mano con la penna a spegnere il
gas. Non si incazza affatto. C'è tempo per
pulire, come per cercarsi un lavoro. Basta
avere pazienza e le cose capitano, si accendono,
arrivano a toglierti d'impaccio. Almeno.
(pagina 211)
LA TRAMA DEL ROMANZO:
La farmacista Agata Patemi viene trovata
cadavere nella sua casa dietro anonima segnalazione
telefonica di un presunto suicidio. La squadra
del commissario Calzoni comincia a raccogliere
indizi fra i condomini del palazzo. Unico
testimone dell'omicidio: Brillo il cane pincher
della vittima.
Spuntano spasimanti ed ex fidanzati della
vittima e vecchie ruggini condominiali.
La polizia non sa che pesci prendere.
Si delineano caratteri, storie e manie e
degli abitanti di via Torta al tre.
Chi ha ucciso e stuprato la farmacista?
Mentre la vita riprende a fatica la propria
stravolta normalità l'omicida si prepara
a colpire di nuovo, eccitato dall'idea del
possesso violento del corpo allo stremo di
Tina, malata terminale. Ma la disperazione
di una madre, il coraggio di un cane, l'intervento
in extremis della polizia, e il disegno della
Provvidenza vanificano le intenzioni assassine
di un'insospettabile.
ALESSANDRO BONANNI è nato a Firenze nel 59. E' laureato in
giurisprudenza ma con il diritto ha un rapporto
storto: recita da dieci anni in una compagnia
teatrale amatoriale, è diplomato in studi
cinematografici all'Università di Grenoble
e scrive da sempre.
Ha pubblicato sei fiabe per bambini, un romanzo,
una raccolta di racconti. Ha partecipato
con successo a numerosi premi letterari.
Questo è il primo romanzo giallo in cui si
cimenta in assoluto
"Non sono un giallista nato ma amo molto i
gialli, la loro atmosfera, i loro mille aspetti.
Ne ho letti a centinaia. Il mio giallo preferito
è il geniale "Susan a faccia in giù
nella neve" di Carol O' Connell.
La mia idea nasce da un vero condominio e
dalle farneticazioni di una vecchia signora,
dalla solitudine nelle case e da un'esperienza
di volontariato ed essendo nuovo del settore
ho finito per farcire la mia storia di tutte
le perversioni possibili e di un cane, il
pincher: ho iniziato a tratteggiare i personaggi
partendo da facce reali, dai miei vicini,
dalle persone che conosco.
Ho voluto raccontare una storia più che una
tecnica investigativa".
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